Sebbene kapalabhati faccia parte degli shat kriyâ - pratiche di purificazione - viene comunemente ritenuto esercizio di fondamentale importanza per la pratica del prânâyâma.
E' una tecnica potente che elimina una forte quantità di anidride carbonica e nello stesso tempo, con l'inspirazione lunga e lenta, porta un flusso fresco di ossigeno a tutto il corpo oltre ad accelerare la circolazione sanguigna, tonificare la cintura addominale, mobilizzare il diaframma e mantenere l'elasticità polmonare.
Questo esercizio non è indicato per chi soffre di malattie polmonari ed è sconsigliato ai cardiopatici.
La posizione più adatta per praticarlo è padmâsana. La colonna vertebrale è eretta e la concentrazione è sull'addome.
Procediamo con un'inspirazione diaframmatica lenta e profonda dal naso e, mediante una violenta contrazione dei muscoli addominali, effettuiamo un'espirazione breve e forzata, sempre dal naso. Anche se all'inizio può sembrare difficile, con l'esercizio l'espulsione dell'aria nell'espirazione diventerà più potente.
E' la potenza dell'aria che viene espulsa che interessa in questa pratica, il cui nome significa letteralmente «pulizia del cranio» in quanto elimina decisamente il muco e ogni impurità delle vie respiratorie.
La difficoltà in questo prânâyâma, in apparenza semplice, è eliminare l'aria inspirata lentamente in un solo soffio rapido. I muscoli dell'addome si contraggono di colpo e ci aiutano ad emettere tutta l'aria; il tronco, le spalle e la testa restano immobili e, per quanto possibile, rilassati.
Solo la pratica quotidiana ci renderà padroni di questa tecnica. Si parte da 3 serie da 10 espulsioni rapide con un riposo di 30 secondi per arrivare fino a 3 serie da 120 con un riposo di un minuto fra di esse; la frequenza può arrivare al massimo a 120 espulsioni per minuto ma anche 60 rappresentano un buon ritmo: si ricorda di non rinunciare mai alla potenza dell'espulsione a favore della velocità di esecuzione! Se si avverte un leggero capogiro, meglio fermarsi, inspirare aria e trattenerla qualche secondo.
André Van Lysebeth consiglia di effettuare questo esercizio all'inizio della seduta di prânâyâma o addirittura all'inizio dell'intera sadhana: si avrà in tal modo molta più energia per effettuare le âsana.
E' importante procedere gradatamente e lentamente, interrompendo subito la pratica se si avverte troppo sforzo. di redazione yoga.it
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