Il termine sanscrito prâna (dalla radice "an" - «respirare») può assumere molteplici significati, indica «energia», «soffio vitale», «forza» e «dinamismo»; è spesso usato al plurale per descrivere i respiri vitali.
Ayama d'altro canto significa «prolungamento», «espansione», «controllo»: il prânâyâma quindi è, ad un primo livello, l'arte dell'estensione del respiro e del suo controllo cosciente, ma più profondamente è la capacità di controllare quell'energia sottile contenuta non solo nel respiro, ma anche nell'aria, nell'acqua, negli alimenti.
I saggi indiani affermano che questa energia, il prâna, può essere immagazzinata nel sistema nervoso e che l'adepto, grazie alle tecniche yoga, può apprendere a dirigerla mediante il pensiero.
Il prânâyâma pertanto è un metodo per armonizzare non solo il respiro, ma anche i sensi e la mente.
Attraverso la pratica del prânâyâma, il corpo diventa forte e sano. Con la pratica del prânâyâma, gli apici dei polmoni riceveranno un apporto adeguato di ossigeno, come di solito non accade e ne conseguirà un miglioramento nella quantità e qualità di sangue nell'organismo. di redazione yoga.it
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